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mercoledì 3 ottobre 2012
Negli ultimi 27 anni la grande barriera corallina australiana ha perso la metà dei suoi coralli
Nella ricerca "The 27-year decline of coral cover on the Great Barrier Reef and its causes" un team di ricercatori dell'Australian institute of marine science (Aims) e dell'università di Wollongong, sottolineano che «le barriere coralline del mondo sono degradate e la necessità di ridurre le pressioni locali per compensare gli effetti delle crescenti pressioni globali è ormai ampiamente riconosciuta». Lo studio, pubblicato su Pnas e parzialmente finanziato dal National environmental research program del governo australiano, indaga sulle dinamiche spaziali e temporali dei banchi di corallo, identifica i principali fattori di mortalità dei coralli e quantifica i tassi di copertura potenziali del Great Barrier Reef australiano. I ricercatori spiegano che «basandosi sulla più estesa serie di dati temporali del mondo sulla condizione del reef (2.258 indagini su 214 barriere coralline tra 1985 e il 2012), dimostriamo un consistente declino dei banchi di corallo dal 28,0% al 13,8% (0,53% y - tasso di mortalità annuo), una perdita del 50,7 % della copertura originaria di coralli. I cicloni tropicali, la predazione dei coralli da parte delle stelle marine corona di spine (Cots - Crown-of-thorns starfish ) e lo sbiancamento dei coralli rappresentano rispettivamente il 48%,il 42% e il 10% delle perdite stimate, pari ad un tasso di mortalità del 3,38% y».
I ricercatori australiani evidenziano un altro dato molto importante: «La regione relativamente incontaminata del nord non ha mostrato alcun calo complessivo. Il tasso stimato di incremento della copertura corallina in assenza di cicloni, Cots e sbiancamento era 2.85% y-, dimostrando una notevole capacità di recupero delle barriere coralline. In assenza delle i Cots i banchi di corallo aumenterebbe dello 0,89% y , nonostante le perdite in corso a causa di cicloni e sbiancamenti».
La ricetta proposta dagli scienziati è semplice: «Riducendo le popolazioni delle voraci stelle marine corona di spine, migliorando la qualità delle acque e sviluppando misure alternative, si potrebbe evitare un ulteriore declino dei coralli e migliorare le prospettive per la Grande Barriera Corallina», ma avvertono che «tuttavia, tali strategie possono avere successo solo se le condizioni climatiche vengono stabilizzate, altrimenti le perdite per sbiancamento e cicloni aumenteranno».
Presentando la ricerca, John Gunn, direttore dell'Aims, ha detto: «Non possiamo fermare le tempeste, ma, forse, siamo in grado di fermare la stella marina. Se possiamo, allora il Reef avrà più possibilità di adattarsi alle sfide dell'aumento delle temperature marine e dell'acidificazione degli oceani»
Peter Doherty, research fellow all'Aims, spiega che «i nostri ricercatori hanno speso più di 2.700 giorni in mare e abbiamo investito cifre dell'ordine di 50 milioni di dollari in questo programma di monitoraggio. Lo studio dimostra che il reef ha perso più della metà del suo banchi di corallo in 27 anni. Se la tendenza prosegue i banchi di corallo potrebbe dimezzarsi di nuovo entro il 2022. E' interessante notare che il modello di calo varia tra le regioni. Nel nord della Grande Barriera Corallina i banchi di corallo sono rimasti relativamente stabili, mentre nelle regioni meridionali si vede di corallo la perdita più drammatica, in particolare negli ultimi dieci anni quando le tempeste hanno devastato molti reef».
Gli intensi cicloni tropicali hanno causato enormi danni, soprattutto alle barriere coralline nelle regioni centrali e meridionali del Reef, mentre le esplosioni demografiche delle stele Cots hanno devastato le popolazioni di coralli lungo tutto il reef. Due gravi sbiancamenti di corallo importanti ripercussioni negative nelle parti settentrionali e centrali del Great Barrier Reef.
Hugh Sweatman, uno degli autori dello studio, sottolinea che «i nostri dati dimostrano che le barriere possono riacquistare la loro copertura corallina dopo tali disturbi, ma il recupero richiede 10-20 anni. Allo stato attuale, gli intervalli tra i disturbi sono generalmente troppo brevi per il pieno recupero, il che sta causando perdite a lungo termine». ice Il dottor.
Gunn conclude: «Non possiamo fermare le tempeste e il riscaldamento dell'oceano, la prima causa dello sbiancamento dei coralli, che è uno degli effetti critici del cambiamento climatico globale. Però, siamo in grado di operare per ridurre l'impatto della corona di spine. Lo studio dimostra che in assenza di corone di spine i banchi di corallo aumenterebbero dello 0,89% annuo, quindi, anche con le perdite causate da cicloni e sbiancamento ci dovrebbe essere lenta ripresa. Il nostro obiettivo sarà quello di raddoppiare gli sforzi per comprendere il ciclo vitale della corona di spine, in modo da poter prevedere meglio e ridurre le loro esplosioni demografiche periodiche . E' già chiaro che un fattore importante è la qualità dell'acqua e abbiamo intenzione di esplorare le opzioni per un intervento diretto su questo parassita autoctono».
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