Una rete europea di sorveglianza di massa delle
comunicazioni, costruita da Germania, Francia, Spagna e Svezia con
l’aiuto del Gchq (Government Communications Headquarters), l’equivalente
britannico dell’americana Nsa. Le ultime rivelazioni di Edward Snowden,
riportate oggi dal Guardian, gettano così
anche l’Europa nell’occhio del ciclone del Datagate mostrando come
quello del «Grande Fratello» non sia un copyright esclusivo degli Usa e
trasformando anche i Paesi europei in colpevoli protagonisti di una rete
di spionaggio andata ben oltre i limiti della privacy. Una rete nella
quale non compare l’Italia anche perché - come riportato dagli stessi
documenti della «talpa» - dotata di servizi di intelligence «litigiosi» e
limitati da «ostacoli legali».
La rete svelata dalle informazioni sottratte da Snowden si
sarebbe sviluppata 5 anni fa e prevedrebbe un monitoraggio delle
comunicazioni telefoniche e di internet effettuato sia con
intercettazioni dirette sia sulla base di relazioni segrete con le
compagnie di comunicazione. L’alleanza, definita dal Guardian «elastica
ma crescente», avrebbe così permesso all’intelligence di un Paese di
coltivare «legami» con le compagnie di un altro Paese per facilitare
quella che i documenti definiscono una «pesca a strascico» di dati sul
web. Pesca nella quale la britannica Gchq avrebbe avuto un ruolo guida
nel consigliare i partner su come aggirare le leggi nazionali che
restringono i poteri di sorveglianza dell’intelligence.
Ma gli ultimi “leaks” svelano anche «la frustrazione» degli
007 britannici nei confronti dei loro colleghi italiani, definiti
«litigiosi» e «incapaci o non disposti a collaborare tra loro» a
dispetto dell’intelligence degli altri Paesi coinvolti nella rete. Il
Gchq, secondo i dati riportati dal Guardian, avevano in realtà chiesto
all’Aisi di collaborare, trovando tuttavia responso negativo. «Gli
italiani sembravano entusiasti ma ostacoli legali potrebbero aver
impedito loro di impegnarsi», è scritto nei documenti ai quali, in
serata, hanno replicato fonti dell’intelligence italiana. I documenti di
Snowden chiariscono che i servizi italiani «sono più garantisti» di
quelli di altri Paesi e che «non sono disponibili ad andare al di là di
quanto previsto dall’ordinamento», hanno affermato le fonti, spiegando
come la litigiosità evocata dagli 007 di Londra sia «una valutazione
datata» in quanto relativa al periodo precedente o immediatamente
successivo alla profonda riforma delle due agenzie Aise e Aisi. Una
riforma che ha necessitato di un «complesso periodo di adattamento».
Le rivelazioni del Guardian,
più in generale, gettano però una luce diversa sull’intero scandalo
Datagate facendo in qualche modo da sponda alle parole del direttore
della National Intelligence americana, James Clapper, che al Congresso
aveva tacciato di ipocrisia le accuse dell’Europa agli Usa, nonché a
quelle del capo della Nsa Keith Alexander, che aveva sottolineato come
fossero gli stessi partner del Vecchio Continente a fornire agli Usa
informazioni sui cittadini europei. Di certo, dopo il Datagate, nulla
sarà come prima. Secondo la stampa tedesca, Berlino e Washington
starebbero per concludere un accordo di «non spionaggio reciproco» che
partirebbe dal 2014, mentre oggi Germania e Brasile hanno chiesto
all’Assemblea generale dell’Onu di adottare una bozza di risoluzione per
per arginare «l’invadenza» della sorveglianza elettronica svelata dal
Datagate.
Una sorveglianza sulla quale il Guardian e il New York Times,
condividendo i “leaks” di Snowden, hanno oggi tracciato un quadro
esaustivo, spiegando come tra i leader spiati figurino anche il
segretario dell’Onu Ban Ki-moon e l’ayatollah iraniano Alì Khamenei e
dando così nuovi dati sul «lato oscuro» della Nsa. Un lato oscuro che,
con le rivelazioni di oggi, vede anche l’Europa protagonista in un
“Grande fratello” dove vittime e carnefici sembrano ora confondersi in
un quadro sempre più caotico e inquietante.
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