Esattamente cinquant’anni fa, il 21 agosto del 1962, un ampio settore dell’Appennino campano, comprendente il Sannio e l’Irpinia, fu colpito da due violente scosse di terremoto, separate da un intervallo di circa dieci minuti. Le scosse causarono un grave disastro e misero in ginocchio decine di comuni nelle province di Benevento ed Avellino. Una ventina furono i morti accertati ed oltre 16.000 i senzatetto. La magnitudo fu stimata in 6.1 (Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani CPTI11).
Una prima scossa fu sentita il 21 agosto alle ore 16.56 locali: fu abbastanza forte da spaventare la popolazione, come documentato ad Ariano Irpino (AV), ma non causò danni. Questo primo terremoto fece in modo che molte persone rimasero fuori dalle case e in stato di allarme fino a quando, circa due ore più tardi, ci furono due violente scosse a dieci minuti di distanza tra di loro: la prima alle 19.09 e la seconda alle 19.19.
Delle due scosse si ritiene che la seconda fu quella che causò più danni: le province più danneggiate furono quelle di Avellino e Benevento; danni meno gravi furono rilevati anche nelle province di Napoli, Foggia, Caserta e Salerno.
Dai dati rilevati dal Genio Civile e dal Ministero dei Lavori Pubblici sono stati 68 i comuni danneggiati nelle Province di Benevento e Avellino; quelli danneggiati più gravemente furono Casalbore e Melito Irpino nell’avellinese e Molinara, Reino, S.Arcangelo in Trimonte nel beneventano. In genere i crolli totali furono pochi ma i danni ai fabbricati furono in molti casi così rilevanti da renderne necessario lo sgombero immediato e il puntellamento o la demolizione. In questi cinque comuni gli edifici danneggiati risultarono generalmente più del 90%, dei quali oltre il 50% in modo grave, con molte case compromesse in modo irreparabile da crolli parziali o gravi lesioni strutturali. Nell’area epicentrale gli effetti del terremoto sono stati classificati con il IX grado della Scala Mercalli (MCS).
In altre trenta località ci furono danni gravi intorno al grado VIII MCS e circa una settantina subirono danni intorno al grado VII MCS.
Complessivamente i senzatetto furono circa 16.000 su una popolazione di quasi 360.000 abitanti: nei 39 comuni più colpiti delle province di Avellino e Benevento vivevano in totale circa 150.000 persone delle quali il 9% rimase senzatetto e dovette essere alloggiato in baracche provvisorie. Il Consiglio dei Ministri, riunitosi due giorni dopo, stanziò 2 miliardi di lire per le opere di primo intervento e 400 milioni per l’assistenza: nei dieci giorni successivi furono montate oltre 20.000 tende per ricoverare i senzatetto e distribuite notevoli quantità di materiale sanitario, di generi alimentari e di vestiario. In seguito furono costruite dal Genio civile e dal Genio militare più di 2000 baracche per alloggiare le migliaia di persone senza alloggio.
La debolezza del patrimonio edilizio è la causa principale della grande estensione territoriiale dei danni. Continua l’urbanistica italiana del provvisorio, la vita interminabile in baracche che si usurano mentre si attendono soluzioni di cui nessuno sembra direttamente responsabile.
In questo video il dopo terremoto del 1962 a Montecalvo Irpino raccontata da Mario Aucelli (edizione Rai Crash).
Il terremoto riattivò antiche frane o accentuò i dissesti geologici preesistenti dei rilievi collinari su cui erano ubicati alcuni dei paesi più colpiti come Apice, Melito Irpino, Pietrelcina e S.Arcangelo Trimonte. In particolare per i comuni di Melito Irpino e Apice (nella foto in alto), più che l’entità dei danni dovuti al terremoto, furono i movimenti franosi la ragione per cui i tecnici del Ministero dei Lavori Pubblici decisero lo sgombero totale. I paesi abbandonati furono ricostruiti in siti diversi, a poca distanza dagli antichi insediamenti.
I testi e le notizie sono tratti da “IL PESO ECONOMICO E SOCIALE DEI DISASTRI SISMICI IN ITALIA NEGLI ULTIMI 150 ANNI” E. Guidoboni e G. Valensise – Bononia University Press 2012
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