Fin da quando l'uso della pavimentazione a parquet di legno generalizzò, si avvertì che, malgrado questo sistema fosse il migliore di quanti si erano usati prima, pur tuttavia conservava grandi inconvenienti, quali, la sonorità, le molteplici giunte, la permeabilità e l'impossibilità sopratutto di una disinfezione e pulizia a fondo.
Si tentarono vari sistemi per ovviare a tali inconvenienti, ma non poterono affermarsi perché, alla prova dei fatti, non si trovarono né pratici né duraturi; solo verso la metà del secolo scorso l'inglese Galloway tentò con successo delle pavimentazioni con un agglomeramento di caoutchouc e polvere di sughero. Questo sistema di pavimentazione in gomma il vero precursore del linoleum) rispondeva egregiamente allo scopo, ma il crescente costo del caoutchouc, che intanto trovava più importanti applicazioni in altre industrie, rendeva il sistema proibitivo per l'alto costo della materia prima.
Nel 1860 l'inglese Federico Walton di Haugton Dale presso Manchester, ebbe la geniale idea di ottenere con l'olio di lino un agglomeramento più a buon mercato del caoutchouc. Dopo numerosi tentativi egli ottenne, con una lavorazione speciale dell'olio di lino, e con l'aggiunta di resine in determinate proporzioni, una materia elastica e gommosa con caratteri fisici assai simili a quelli del caoutchouc.
Questa sostanza chiamata «cemento di linoleum» mescolata intimamente con polvere di sughero, stesa e fatta aderire ad una tela juta, che le serve di sostegno, costituì il prodotto che prese il nome di linoleum (lini oleum) dal suo componente principale, l'olio estratto dai semi di lino. L'invenzione di Federico Walton consiste essenzialmente nell'ossidazione naturale al contatto dell'aria, prolungata per mesi, dell'olio di lino, previa cottura.
Nell'intento di evitare questo lungo e penoso processo d'ossidazione, e di eludere il brevetto con cui il Walton aveva protetto il suo sistema, William Parnacott, in unione in seguito a Caleb Taylor escogitò un altro metodo più rapido, fondandosi non tanto su una vera ossidazione, quanto su di una polimerizzazione dell'olio di lino, consistente principalmente nella prolungata ebollizione di questo ad alta temperatura con litargirio. Questo metodo riesce pure a produrre del cemento di linoleum utilizzabile, ed il manufatto finito prende il nome di « corticine ».
Lo stesso Walton, sempre nell'intento di ridurre il lungo tempo occorrente all'ossidazione nel suo primo sistema (vecchio Walton) facendo cadere l'olio dall'alto di una torre, sotto forma di pioggia, che però non incontro grande favore.
La pratica ha dimostrato che l'ossidazione dell'olio di lino riesce più intima, più completa, più «naturale» col «vecchio» sistema Walton, e che il voler forzare la natura ritorna a detrimento della bontà del prodotto finito per cui anche presentemente il sistema più largamente usato dalle fabbriche è ancora il più vecchio.
II tempo e la pratica dimostrarono che nel linoleum stava la vera soluzione economica del problema, a mano a mano che i prodotti a base di olio di lino ebbero dato con prove decennali e ventennali d'uso e coi miglioramenti nella loro composizione, una lampante garanzia della loro bontà.
Com'era da' aspettarsi, l'industria del linoleum, che risponde ad una reale necessità della vita moderna, raggiunse nel mezzo secolo di sua esistenza una grandissima importanza, e presentemente si contano nel mondo più di settanta fabbriche sparse nei vari paesi, ed ancora due nuove stanno sorgendo : nella Spagna ed in Jugoslavia. Tutte lavorano in pieno, ed a mala pena soddisfano la sempre maggiore richiesta di linoleum.
Articolo tratto dalla rivista "Ingegneria", Anno IV, Numero 1, Gennaio 1925
L'articolo continua nel file PDF. Clicca qui per scaricarlo nel formato originale
Nessun commento:
Posta un commento