Doveva rappresentare un omaggio alla rapida ascesa economica del paese, la risposta cinese all’Arc de Triomphe parigino. Invece sarebbe più azzeccato definirlo il “grattacielo della discordia”. Gate To The East, questo il nome del progetto, a distanza di pochi mesi dal completamento – atteso per la fine del 2012 -, è infatti avvolto da critiche e polemiche.
Come riporta il Telegraph, il progetto pare non incontrare il favore dei media cinesi, e mentre un blogger si chiede: “Perché la Cina appare come un parco giochi per designer stranieri con idee architettoniche risibili?”, lo Shanghai Daily è arrivato a definirlo come “un gigantesco paio di mutande”.
Il grattacielo, alto 300 metri e con una superficie complessiva di 340mila metri quadrati, è in costruzione a Suzhou, a quarantacinque chilometri a ovest di Shanghai, ed è opera dello studio britannico RMJM, fondato a Edimburgo nel 1956 da Sir Robert Matthew e Stirrat Johnson-Marshall, già autori della Capital Gate di Abu Dhabi e dell’Okhta Center di San Pietroburgo, il futuro quartier generale della Gazprom.
E sono stati proprio i progettisti ad annunciarlo come un “gateway iconico”, ispirato alle tradizioni cinesi combinate alle influenze occidentali. Come si legge sul sito internet di RMJM “Gate To The East rappresenta il significato della Cina nel mondo di oggi. Come nuovo punto focale del quartiere centrale degli affari, il grattacielo ha tratto ispirazione dai riferimenti storici e culturali di Suzhou. Il risultato è un mix di pura forma occidentalizzata e sottigliezza cinese”. In Cina, però, non sono dello stesso parere.
Tuttavia Gate To The East, costato 560 milioni di euro, non è il primo maxi progetto firmato da importanti architetti a finire al centro delle critiche. Per esempio, ricorda il Telegraph, la sede della CCTV (China Central Television) a Pechino, opera dell’archistar Rem Koolhaas, non ha ottenuto entusiastici commenti ed è stata soprannominata “big shorts”.
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