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mercoledì 19 settembre 2012
La Shell abbandona i piani per trivellare l'Artico (per quest'anno)
Royal Dutch Shell ha annunciato che, per quest'anno, non andrà avanti con i piani per trivellare il Mare di Beaufort e il Mare di Chukchi, nell'Artico Usa. Gli statunitensi conoscono quest'area come i mari degli orsi polari perché in quella zona vive tutta la popolazione Usa di orsi bianchi, ma è anche un'area importantissima per la migrazione di balene e beluga. La Shell si è momentaneamente ritirata per le difficoltà tecniche incontrate, per le proteste degli ambientalisti e soprattutto per le condizioni proibitive dell'inverno artico, tra le più estreme e pericolose del pianeta che avrebbero trasformato le trivellazioni in una cosa molto pericolosa.
Greenpeace che contro le trivellazioni della Shell nell'Artico ha fatto numerosi blitz e raccolto due milioni di firme esulta e ringrazia i suoi attivisti e tutti quelli che hanno chiesto che il gigante petrolifero si fermasse: «Con addosso gli occhi di quasi due milioni di persone, i dirigenti Shell sapevano che qualsiasi errore, anche minimo, non sarebbe passato inosservato. E quello annunciato oggi è stato l'ennesimo. Con 5 miliardi di dollari e 7 anni investiti in un programma fallimentare, gli altri giganti del petrolio si stanno chiedendo se ne vale la pena. Solo pochi giorni fa, la compagnia norvegese Statoil ha dichiarato che, prima di prendere una decisione in merito, avrebbe atteso l'evolversi del piano petrolifero di Shell in Artico. Peple have the power! Oggi celebriamo un passo importantissimo per la campagna #SaveTheArctic, ma è solo il primo. Per salvare l'Artico dobbiamo trasformarlo in un santuario globale».
«I ghiacci dell'Artico hanno una funzione fondamentale nella stabilizzazione del clima del Pianeta: riflettendo i raggi solari diminuiscono l'aumento della temperatura. Il loro scioglimento implica una modifica del clima globale», ha detto Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. «Il passo indietro di Shell - ha aggiunto - è una buona notizia, ma ora bisogna creare un santuario globale nell'area disabitata che circonda il Polo Nord, bandire le trivellazioni petrolifere e la pesca non sostenibile nel resto dell'Artico».
Da giugno 2012 oltre un milione e 800 mila persone hanno firmato la petizione per difendere l'Artico sul sito della campagna: www.savethearctic.org
Il disgelo annuale del ghiaccio artico sta raggiunto il livello più basso registrato dal controllo via satellite iniziato nel 1979. A giorni gli scienziati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) statunitense annunceranno il nuovo record dello scioglimento dei ghiacci artici, un primato di cui faremmo volentieri a meno.
Il direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, ha detto: «L'annuncio della Shell è il riconoscimento di ciò che abbiamo detto fin dall'inizio, la compagnia non può tranquillamente trafficare nelle nostre acque artiche. La tendenza preoccupante della Shell di non riuscire a soddisfare i requisiti di sicurezza e per l'inquinamento avviene in un contesto di spostamento della banchisa di ghiaccio e di altri promemoria dei pericoli e difficoltà della perforazione nell'Artico. Le condizioni estreme dell'Artico hanno portato ad un delicato equilibrio naturale che ha permesso alle comunità locali ed alla fauna selvatica di sopravvivere per generazioni. Qui le trivellazioni petrolifere potrebbero danneggiare le acque e la fauna selvatica artiche per decenni e alla fine l'antico modo di vivere e la sussistenza dei nativi dell'Alaska. Comprendendo il pericolo della perforazione in questo ambiente incontaminato e duro, nel corso degli ultimi mesi più di un milione di persone si sono espresse opponendosi ai piani di perforazione della Shell di foratura. La verità è che non abbiamo bisogno di aprire questa zona insostituibile alle trivellazioni. Invece dovremmo concentrarci su come rendere le nostre vite più pulite ed efficienti, ampliando le nostre scelte di trasporto e investendo nell'innovazione e nell'energia pulita. I mari dell'orso polare, i luoghi speciali nell'Artico occidentale e la pianura costiera dell'Arctic National Wildlife Refuge devono essere protetti, non dati via alle Big Oil».
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