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giovedì 2 agosto 2012

Per i musei sottomarini un progetto dell'Alta Scuola Politecnica

Nasce all’Alta Scuola Politecnica, istituita dai Politecnici di Milano e Torino per i giovani talenti nei campi dell’ingegneria, dell’architettura e del design, un nuovo progetto che punta a favorire la fruizione del patrimonio sottomarino e migliorare la sua conservazione. Si chiama Teti (Integrated technologies for the sustainable management of the underwater cultural heritage) ed è elaborato da due team e sviluppato a partire dal caso studio dell'itinerario archeologico subacqueo di Capo Graziano a Filicudi.
I due team hanno ideato un modello integrato applicabile a qualsiasi sito sottomarino, a partire dalla Convenzione Unesco del 2001 sulla protezione del patrimonio culturale sommerso, che ha dichiarato l’importanza di una fruizione determinata dal rispetto dell'ambiente e dalla sicurezza dei siti e delle persone.
Il primo team si è focalizzato sulla musealizzazione del sito e dei suoi reperti, con l’intento non solo di favorire le visite dirette ma anche di garantire, a coloro che non hanno la possibilità di immergersi, l’esperienza concreta dell’area. L’utilizzo di tecnologie integrate è risultato l’approccio più idoneo per guidare i sub durante il percorso del museo alla scoperta di numerosi relitti risalenti a epoche diverse. L’aspetto didattico del museo è stato garantito da info-box posizionati in corrispondenza di ognuna delle tappe di visita e dotati di pannelli esplicativi e di cartellini galleggianti con lo scopo di segnalare i reperti di maggiore interesse.
La sicurezza dei visitatori subacquei è garantita da un sistema di idrofoni che segnalano i due percorsi di visita previsti e che, coerentemente con i principi dell’eco-sostenibilità e del minimo intervento, hanno un impatto praticamente nullo sull’ambiente e sul contesto archeologico. Questi dispositivi, in particolare, sono in grado di inviare un segnale acustico che permette al visitatore di capire se è fuori rotta. Il tracciato del percorso è inoltre segnalato da fibre ottiche dispersive che conferiscono al sito un valore estetico aggiunto e incrementano il livello di sicurezza della visita.
Il secondo team si è focalizzato sulla conservazione del sito e dei reperti in esso custoditi, nel rispetto dell’area protetta e intrecciando tematiche di sostenibilità energetica. Per quanto riguarda gli oggetti sommersi sono state esaminate le migliori soluzioni di conservazione in situ, specifiche per il legno, la pietra e il metallo, che è risultato essere il più colpito dall’aggressività dei sali disciolti in acqua marina. Sono state trovate soluzioni specifiche e innovative per la conservazione di questo tipo di reperti come la tecnica che utilizza alluminio o magnesio anodizzato sulla superficie degli oggetti. Questa soluzione presenta il vantaggio di essere durevole nel tempo, semplice da applicare e non dannosa per l’ambiente circostante. Per la conservazione del bronzo, si è testata l’efficacia di inibitori di corrosione green, non pericolosi per la salute dell’uomo.
Non meno importante, è stato messo in luce il tema della sorveglianza del sito e della sicurezza dei reperti nei confronti di tentativi di furto e danneggiamento: attraverso il posizionamento di idrofoni, è possibile rilevare la presenza di persone non autorizzate nel sito grazie all’emissione di un allarme anti-intrusione alle autorità competenti.
Il museo subacqueo, infine, è completamente sostenibile dal punto di vista energetico. Esso è dotato, infatti, di pannelli fotovoltaici e di sistemi di sfruttamento del moto ondoso in grado di stoccare energia elettrica, il tutto in un “corpo” flottante che richiede il minimo della manutenzione.

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