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venerdì 20 aprile 2012

La sfida è il capitale umano

Il decreto "Interventi urgenti" che riduce gli aiuti alle imprese e privilegia il credito d'imposta come incentivo, è un segnale importante sulla strategia di politica industriale, necessaria per il rilancio.
L'intervento del Governo semplifica e ridefinisce una materia stratificatasi nel tempo, sfoltendo vari sostegni, risultanti da interventi diversi, e contradditori fra loro, e traccia una linea che toglie la materia degli aiuti di Stato dalla china della erogazione di sussidi urbi et orbi, per sostenere un'azione pubblica che rilanci la competitività del sistema produttivo.
Questo rilancio non può che muoversi dentro le linee già formulate a livello europeo, con la strategia Europa 2020, che individua i caratteri di questa crescita come «intelligente, sostenibile ed inclusiva», quindi una crescita non più centrata su interventi acceleratori e tossici, ma su un irrobustimento dell'organizzazione produttiva, che ha i suoi perni nell'innovazione e nell'internazionalizzazione.
L'obiettivo è spingere il sistema produttivo a proiettarsi a livello globale, ampliando il numero di imprese in grado di essere leader nel nuovo mercato, e quindi capaci di strutturare filiere produttive, che rimanendo radicate nel nostro Paese possano articolarsi fino ai Paesi che sostengono la domanda mondiale. Banca d'Italia ha ricordato che il numero delle imprese che sono riuscite a presentarsi all'appuntamento della crisi globale con capacità di leadership a livello mondiale è rilevante, ma non sufficiente a trascinare il Paese fuori dalla pigrizia economica. L'elemento cruciale per una crescita «intelligente, sostenibile e inclusiva» rimane la capacità di attivare risorse umane adeguate al nuovo livello di conflitto competitivo in cui ci muoviamo.
La globalizzazione e ancor più la crisi destrutturano e riorganizzano i cicli produttivi, permettendo la rilocalizzazione delle fasi produttive in ragione dei vantaggi competitivi che i siti possono offrire. Per chi ritiene che la competizione debba essere di prezzo, con produzioni di bassa qualità e ridotto valore aggiunto, le aree più attrattive saranno quelle che offrono bassi costi del lavoro, di impianto e ridotti vincoli ambientali.
Se il nostro obiettivo-Paese diviene innalzare la qualità di produzioni e servizi incorporati, rafforzare un'innovazione trainante delle restanti attività della filiera, allora i fattori attrattivi diventano le infrastrutture che innalzano i livelli dell'educazione di base e avanzata, della formazione del capitale umano, della creazione e del trasferimento delle conoscenze. Educazione e ricerca diventano non solo strumenti di competizione per le imprese, ma devono essere considerate infrastrutture per lo sviluppo per il sistema produttivo, favorendo la localizzazione qui di quelle fasi strategiche, che guidano e orientano le attività di filiere che si stanno ridisegnando a livello globale.
Accanto alla strategia di sviluppo per Paese bisogna che si unisca un'azione a sostegno dell'aumento di competenze a tutti i livelli delle persone che costituiscono testa e cuore della nostra crescita. Diverse regioni sono intervenute per una formazione professionalizzante di qualità, anche per livelli elevati di competenza, definendo presidi territoriali di riferimento per una nuova fase di crescita. La capacità di sostenere questa crescita intelligente sarà connessa con la capacità di investire con continuità sulle intelligenze, non solo per innalzare le competenze tecniche ma anche quelle competenze necessarie per comprendere di più il mondo in cui siamo chiamati a competere.

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