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lunedì 11 giugno 2012

Fusione piezonucleare: i dubbi dei ricercatori e l'appello al Miur

I ricercatori italiani scendono in campo con un appello in cui invitano il ministero per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca per a “intervenire tempestivamente al fine di verificare se corrispondono al vero le affermazioni che si intende porre tra le priorità dell'attività dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim) lo studio delle reazioni piezonucleari.
I dubbi dei ricercatori riguardano sia la fondatezza scientifica di quello che viene presentato come “un nuovo volto della fissione” sia il fatto che dietro all’interesse dei sostenitori della ricerca sul piezonucleare si possano celare interessi materiali e politici.
Facendo un passo indietro, è il 2009 quando vengono pubblicati alcuni lavori nei quali si sostiene di avere scoperto il fenomeno della "fusione piezonucleare". Questo fenomeno consisterebbe nel fatto che, sottoponendo un materiale a sollecitazioni meccaniche, al suo interno si inducono reazioni nucleari.
Queste affermazioni – si legge nell’antefatto all’appello - vengono pubblicizzate tramite siti e filmati su internet con frasi di questo tipo: “È un nuovo volto della fissione, quello che si sta studiando, nel quale pacchetti di onde chiamati ”fononi” provocano la separazione di nuclei di elementi leggeri, ossia con un numero atomico pari o inferiore a quello del ferro”.
Tra il 2009 e il 2010 escono tre lavori da parte di importanti istituzioni di ricerca, tra cui l'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) di Frascati e l'Università di Uppsala, che non confermano i risultati sulla fusione piezonucleare e sollevano forti dubbi sulla validità dei dati precedentemente pubblicati.
Intanto, nel piano energetico nazionale del 2009 viene fatto inserire un emendamento che impegna il governo a finanziare la ricerca sul piezonucleare, che viene presentato come un fatto scientificamente acclarato e ormai prossimo ad avere importanti ricadute applicative. Arrivando al 2012, il 4 maggio scorso si è tenuto al Politecnico di Torino un convegno in cui si è discusso anche di "reazioni nucleari a bassa energia" con contributi sulle reazioni piezonucleari.
Nel corso del convegno vengono delineati i possibili campi di applicazione di queste scoperte. Pur con le dovute cautele, si prevedono sconvolgimenti radicali in molti campi della scienza e della tecnologia: "È presto per parlare di eventuali applicazioni - ha detto Alberto Carpinteri, presidente dell'Inrim –“. Ma secondo l’esperto, l’energia potrebbe non essere l’unico banco di prova di questo nuovo campo di ricerca. L’emissione di neutroni legata ai terremoti, per esempio, potrebbe in futuro entrare a far parte dei segnali precursori dei terremoti finora noti. Alla luce dei nuovi dati, infine, potrebbero essere anche rivisti gli attuali modelli del ciclo del carbonio.
Nel contempo, alla faccenda cominciano a interessarsi, in modo critico e sollevando dubbi sulla credibilità del tutto, anche alcuni organi di stampa che paventano la possibilità che dietro questa vicenda scientifica, a prescindere dalla sua infondatezza, si possano celare interessi materiali assai rilevanti.
Da qui nasce la reazione dei ricercatori. “Quanto sta accadendo all'Inrim è preoccupante perché si colloca al di fuori della tradizione del metodo scientifico – si legge nell’appello - e rischia di gettare discredito sull'intero sistema della ricerca italiana oltre a produrre un significativo spreco di risorse umane e finanziarie”.
“Uno degli elementi chiave per spiegare il successo del sistema ricerca italiano è che si è sempre improntato al massimo rispetto del cosiddetto ‘metodo scientifico’, un corpus di regole sviluppatosi nel corso dei secoli e ormai universalmente accettato dalla comunità dei ricercatori – continua l’appello -. I fondamenti etici di questo modo di procedere sono la condivisione delle informazioni e la possibilità di verificare e riprodurre in modo indipendente ogni affermazione o risultato. Il ruolo degli enti pubblici di ricerca deve essere quello di promuovere la ricerca nel pieno rispetto delle pratiche adottate dalla comunità scientifica internazionale, oltre allo svolgimento dei propri compiti istituzionali di servizio al paese”.
“Ciò non significa mancanza di apertura nei confronti delle novità, al contrario, è proprio questo il motore di ogni attività di ricerca. Le novità però devono essere vagliate attentamente per evitare di incorrere in errori o, peggio, in vere e proprie frodi. Questo è un dovere morale specie quando le risorse da investire sono pubbliche – concludono i ricercatori –“.

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