Vediamo. La retribuzione di Stephane Lissner, si è detto, supera abbondantemente il milione di euro (costo aziendale tutto compreso), il che di per sé colloca il sovrintendente e direttore artistico del teatro milanese nella fascia dei più pagati al mondo tra i manager dei grandi teatri. Nulla a che vedere con la sobrietà milanese di questi tempi. Alla
Ma alla retribuzione fissa si aggiungono una parte variabile (al raggiungimento di obiettivi prefissati ma sicuramente a portata di mano) di circa 155mila euro; il costo del lussuoso appartamento di piazza del Carmine (85mila euro all’anno), il Tfr, la quota Inps e altri oneri a carico dell’azienda per una somma che si avvicina a 200mila euro. Il totale, a questo punto, fa già oltre 880mila euro. Cui si sommano ancora il costo (oltre 70mila euro) dell’ammiraglia con autista a disposizione di Lissner, la carta di credito e le spese di rappresentanza che nessuno – neppure tra i consiglieri di amministrazione – è ancora riuscito a quantificare con esattezza.
Ma è sull’ultima voce che il sovrintendente – con l’aiuto del superconsulente Pietro Ichino, intervenuto nell’ultimo cda per difendere l’operazione – ha confezionato un piccolo capolavoro: un “premio di fine lavoro” di 300mila euro, che Lissner incasserà nel 2017, a fine contratto. Un premio che spunta improvvisamente nel nuovo contratto e che copre, nella sostanza, la quota che il massimo dirigente del teatro deve versare all’Inps a saldo di un contenzioso degli anni passati (alla Scala tocca la fetta più grande, circa 900mila euro). Il costo del premio viene spalmato dall’azienda Scala sugli anni residui del contratto di Lissner, e il carico per il 2012 ammonta a circa 80mila euro. Dunque, sotto il profilo contabile (e anche nella sostanza, quando a fine contratto Lissner incasserà il premio) la retribuzione 2012 del sovrintendente si decurta dei 45mila euro corrispondenti al taglio del 10 per cento della parte fissa, ma si aumenta degli 80mila euro del premio.
Oltre 1 milione di euro. Il direttore generale del Comune di Milano (16mila dipendenti), Davide Corritore, ne guadagna un quinto, cioè 210mila all’anno. Il predecessore di Lissner, Carlo Fontana, percepiva una retribuzione che equivale a una frazione dell’attuale stipendio di Lissner, che però alla carica di sovrintendente somma anche quella di direttore artistico. È uno stipendio in linea con i valori di mercato? Il consiglio di amministrazione della Scala, appena rinnovato tra le polemiche (a causa delle scelte discutibili del ministro della Cultura, che ha nominato l’imprenditrice Margherita Zambon e un giovane funzionario amministrativo dell’Università Cattolica, Alessandro Tuzzi) evidentemente ritiene di sì. Nel corso dell’ultima seduta, alcuni consiglieri hanno storto il naso di fronte al vero e proprio blitz attraverso il quale il vicepresidente Ermolli e Lissner hanno riscritto e blindato fino al 2017 il contratto del sovrintendente. Salvo poi votare a favore, con l’unica eccezione del rappresentante della Regione Fiorenzo Tagliabue.
Eppure, sotto il profilo della gestione, il Teatro alla Scala è in un momento tutt’altro che felice, e non solo a causa della congiuntura. Come ha evidenziato il lavoro comune tra cda e la società di consulenza McKinsey, che nella primavera scorsa ha consegnato un rapporto dettagliato (le cui conclusioni i vertici del teatro non hanno mai reso pubbliche) la macchina operativa non funziona come dovrebbe, i costi del personale sono sensibilmente più alti rispetto ad altri teatri di dimensioni comparabili e, sul fronte delle entrate, le potenzialità della Scala sono nettamente superiori a ciò che il management è riuscito a concretizzare in questi anni.
A fronte di questa situazione, le stime per i prossimi tre anni ipotizzano un disavanzo cumulato di circa 30 milioni di euro e la sostanziale inattuabilità del programma di investimenti, che andrà dunque fortemente ridimensionato (da un massimo di 50 a circa 17 milioni). Insomma, nello scenario peggiore – ma tutt’altro che improbabile – di contestuale flessione dei contributi pubblici e privati, il management della Scala dovrebbe intervenire drasticamente sugli organici, sui livelli retributivi e sulla produzione di spettacoli. La McKinsey ha ipotizzato un piano di interventi immediati suddiviso in diversi progetti, da affidare direttamente nelle mani di Lissner, con il supporto di Ermolli. Se il management, tradizionalmente parco di informazioni sull’andamento del teatro, sia al lavoro su questi progetti, allo stato non è dato sapere.
Nessun commento:
Posta un commento