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domenica 10 giugno 2012

Vesuvio, per gli statunitensi è il vulcano più pericoloso del mondo

Il Vesuvio? Una bomba ad orologeria: lo dicono gli americani
Vesuvio, bomba ad orologeria d'Europa. Titola così la rivista Nature un articolo dedicato alla vulcanologia ed in particolare al vulcano che sovrasta la nostra città. "Il Vesuvio è uno dei vulcani più pericolosi al mondo, ma gli scienziati e le autorità civili non sono d'accordo su come prepararsi per una futura eruzione" scrive Katherine Barnes la giornalista autrice dell'articolo. "Sulla scia del recente terremoto in Giappone e lo tsunami, molte zone stanno rivalutando i rischi derivanti dai loro 'cigni neri', un termine usato per descrivere catastrofi improbabili ma potenzialmente devastanti. E Napoli si distingue come particolarmente vulnerabile, con una popolazione di 3 milioni di persone che vivono all'ombra del Vesuvio", un vulcano ancora in piena attività.

"Studi recenti suggeriscono che il Vesuvio potrebbe essere più pericoloso di quanto precedentemente supposto, e la cosa ha dato inizio ad un feroce dibattito circa il rischio e l'entità dei disastri futuri e su come le autorità locali dovrebbero affrontare il difficile compito di decidere come proteggere una vasta popolazione in caso di terremoti e l'intercettazione di altri segni che annuncerebbero il risveglio del vulcano" scrive la Barnes, basandosi sugli studi del team del vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo dell' Osservatorio Vesuviano, secondo il quale Il Vesuvio è il vulcano più pericoloso del mondo e non rimarrà tranquillo per sempre. I suoi studi hanno infatti rilevato un insolito strato magmatico a circa 8-10 chilometri di profondità sotto la superficie della montagna. Secondo Mastrolorenzo e la sua collega Lucia Pappalardo questo strato indicherebbe che la prossima eruzione potrebbe essere persino più forte di quella del 79 d.C. (documentata da Plinio il Giovane e che fino a poco tempo fa appariva come la più forte mai descritta) e potrebbe invece somigliare ad un fenomeno scoperto solo nel 2006 e avvenuto circa 3.800 anni fa, noto come le "Pomici di Avellino".

Nonostante si resti nella sfera delle ipotesi e non sia possibile calcolare con esattezza l'intensità della prossima eruzione, la parola d'ordine resta comunque "prevenzione" e l'organizzazione di un piano solido di evacuazione. Da Nature parte la richiesta di organizzare l'evacuazione ben oltre l'attuale "zona rossa" e lo stesso Mastrolorenzo chiede l'estensione all'intera area urbana di Napoli, cosa che coinvolgerebbe 3 milioni di persone a fronte delle seicentomila previste dall'attuale piano. I rappresentanti del dipartimento della Protezione Civile ribattono sottolineando che il piano di emergenza è in continuo aggiornamento e che la valutazione del rischio viene compiuta «sulla base delle condizioni presenti del vulcano».

A sostegno dell'istituzione, un altro vulcanologo, Warner Marzocchi, dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia dichiara: «non si può investire tutto in previsione del peggiore evento possibile: la riduzione del rischio deve basarsi su presupposti razionali. Un'evacuazione di tutti i tre milioni di abitanti dell'area urbana di Napoli sarebbe impossibile da gestire>> Il vulcanologo Peter Baxter, dell'Università di Cambridge, e i suoi colleghi hanno realizzato per il Vesuvio un modello di previsione che tiene conto dei possibili scenari in caso di eruzione, simile a quello realizzato per l'isola di Montserrat e che nel 1997 evitò l'avacuazione completa dell'isola, individuando i punti di maggiore pericolo. Secondo gli studi di questa equipe un' eruzione di tipo intermedio, come l'ultima del '44, resta l'ipotesi più probabile mentre si ferma al 4% la possibilità di una nuova eruzione pliniana.


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