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domenica 10 giugno 2012
Tra il Vesuvio e l'Etna, la minaccia vulcanica si chiama Marsili: può distruggere tutto il Sud Italia
“Potrebbe succedere anche domani. Le ultime indagini compiute dicono che l’edificio del vulcano non è robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all’improvviso”. Enzo Boschi, Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, pur senza voler creare allarmismi, non può non mostrare la propria preoccupazione nell'esporre i risultati dell’ultima campagna di ricerche compiute sul Marsili, il più grande vulcano d’Europa, sommerso a 150 chilometri dalle coste della Campania. Dal fondale si alza per tremila metri e la vetta del suo cratere è a 450 metri dalla superficie del mare. La sua struttura è imponente, essendo lunga 70 chilometri e larga 30. Negli ultimi periodi, da circa due mesi, intorno alla sua struttura si sono osservate diverse emissioni idrotermali con una frequenza elevata rispetto alla norma; e proprio queste emissioni, unite alla già debole struttura delle pareti, potrebbero causare crolli più inquietanti della stessa – comunque sempre possibile – eruzione.
Di recente sono stati registrati due eventi, per fortuna contenuti e di lieve entità, senza alcun danno. “La caduta rapida di una notevole massa di materiale” spiega Boschi “scatenerebbe un potente tsunami che investirebbe le coste della Campania, della Calabria e della Sicilia, provocando disastri ovunque”. Nel cuore del Marsili gli strumenti hanno rilevato che la camera di magma incandescente formatasi negli ultimi anni è cresciuta in maniera esponenziale, tanto che oggi raggiunge le dimensioni di quattro chilometri per due; e, allo stato attuale, è impossibile prevederne l'eruzione o un crollo.
“Di certo c'è che in qualunque istante potrebbe accadere l’irreparabile e noi non lo possiamo stabilire” sostiene Enzo Boschi. Infatti, monitorare un'attività vulcanica sottomarina è quasi impossibile; un po' per mancanza di mezzi – la tecnologia, in tal senso, non è ancora in grado di tenere sotto controllo con precisione un vulcano sotterraneo – e un po' per mancanza di fondi. Ma, oltre al pericolo e all'impossibilità di controllare la situazione, c'è anche l'assoluta ignoranza dell'esistenza di questo vulcano da parte del popolo italiano, men che meno dei suoi rischi. Le più interessate sono le coste della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l'abusivismo edile, in questi anni, ha prodotto case e palazzi che, in caso di una vera eruzione o un vero terremoto, rischiano di diventare una trappola per chi ci abita.
“Il dato preoccupante è che le aree costiere italiane a rischio da tsunami, già individuate con vari studi, ancora non sono tutelate da interventi strutturali preventivi né da attive misure di monitoraggio, di didattica e protezione civile” sostiene il prof. Franco Ortolani, Ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del territorio dell'Università di Napoli.
Sembra strano parlare di tsunami nel Mediterraneo; eppure Ortolani, in uno studio avviato dopo il maremoto del 30 dicembre 2002 che interessò Stromboli, ha evidenziato che negli ultimi 2000 anni vi sono stati 72 movimenti anomali del mare che hanno interessato le coste italiane con diversa intensità.
I dati ufficiali forniti dallo Tsunamis research team, dall'Università di Bologna e dall'Ingv individuano le seguenti aree interessate: Liguria (14 eventi); Stretto di Messina, Sicilia Orientale, Calabria meridionale tirrenica, Isole Eolie (23 eventi); Adriatico (10 eventi); Golfo di Napoli (10 eventi); Toscana (3 eventi); Sicilia settentrionale (2 eventi); Sicilia meridionale (2 eventi); Calabria settentrionale ionica (1 evento); Lazio (1 evento).
“Un dato preoccupante” prosegue Ortolani “è rappresentato dall'evidenza che ben 18 tsunami del passato - di diversa importanza - sono avvenuti nei mesi estivi, quando centinaia di migliaia di persone distribuite lungo le coste e le spiagge. Alla luce del recente allarme lanciato dall'Ingv mi sarei aspettato un tempestivo intervento da parte del governo, un'interpellanza parlamentare sui rischi, qualche azione per introdurre le necessarie precauzioni... mi auguro che i rappresentanti delle istituzioni non attendano il prossimo maremoto per avviare azioni di prevenzione. Nelle settimane precedenti i sismografi hanno registrato due scosse di terremoto nel Messinese: una tra Capo d'Orlando e Gioiosa Marea, l'altro con epicentro sui monti Peloritani. È ormai da due mesi che eventi simili si stanno ripetendo, con cadenza quotidiana, tra Calabria e Sicilia. Sono, infatti, ben 55 i movimenti tellurici di magnitudo superiore a 2.0 verificatisi in quest'area, tra il primo marzo ed oggi, registrati dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Uno di questi movimenti, quello del 2 aprile nel distretto sismico dell'Etna, ha raggiunto anche magnitudo 4.2”.
Questo, invece, è l’incipit di una nota stampa diramata dal consigliere provinciale di Rifondazione Comunista/Federazione della Sinistra, Omar Minniti: “Basta fare dei raffronti con le attività sismiche degli anni passati e si capisce che non si tratta di scosse di 'routine', come quelle a cui siamo abituati in un territorio 'ballerino' come il nostro” afferma Minniti “lo sciame di scosse registrato in queste settimane appare, invece, molto simile per cadenza e intensità a quello che ha avuto luogo nell'Aquilano prima della tragedia del 6 aprile di un anno fa”.
A questa serie di eventi sismici, il consigliere comunista aggiunge la 'Questione Marsili': “Enzo Boschi, presidente dell'Ingv, ha lanciato un allarme sulla ripresa delle attività del vulcano sommerso Marsili, il più grande d'Europa. Secondo Boschi, è concreto il rischio tsunami: Potrebbe succedere anche domani. Le ultime indagini compiute dicono che l’edificio del vulcano non è robusto e le sue pareti sono fragili. Inoltre abbiamo misurato la camera di magma che si è formata negli ultimi anni ed è di grandi dimensioni. Tutto ci dice che il vulcano è attivo e potrebbe eruttare all'improvviso”.
Il Consigliere aggiunge che “pare che le eventuali onde anomale generate dal Marsili possano abbattersi, in 15-20 minuti, sulle nostre coste”; ma ci tiene a precisare: “non si tratta di allarmismo, ma di sollecitare tutte le autorità preposte a prepararsi ad ogni evenienza, avviando sin da subito le necessarie azioni preventive e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Lunedì, proprio in contemporanea con due scosse reali avvenute in Sicilia, una grande esercitazione ha avuto luogo a Messina, dove è stato simulato un terremoto del 9° grado della scala Mercalli, con 9.838 persone interessate da crolli e una mortalità stimata del 25%; sul versante reggino siamo ancora indietro. Qui l'ultima esercitazione di una certa importanza ha avuto luogo il 18 dicembre del 2008, in occasione del centenario del terremoto che ha martoriato lo Stretto e nell'ambito del progetto comunitario Ermes. Va segnalato anche il progetto 'Scuola Sicura”', che ha visto protagoniste la Protezione Civile, la Provincia ed alcune associazioni di volontari, ed ha riguardato diversi istituti di ogni ordine e grado del nostro territorio. Siamo quindi ancora ai primi - e insufficienti - passi, specie a livello di consapevolizzazione degli abitanti delle aree più urbanizzate, in primo luogo del Comune di Reggio, dove l'abusivismo e la speculazione edilizia incontrollata hanno messo a repentaglio l'incolumità di migliaia e migliaia di persone: come hanno dimostrato recenti inchieste giornalistiche, la maggior parte degli edifici residenziali e dei palazzi pubblici non rispettano le benché minime ed obsolete norme sismiche”.
Secondo l’esponente del Prc sono “a rilento, se non inesistenti, anche le campagne rivolte agli abitanti delle aree costiere, quelle a fortissimo rischio maremoto e restano solo buone intenzioni i sistemi di protezione e allarme (boe e rilevatori acustici, barriere contenitrici, piani di evacuazione, costruzione di rifugi, ecc.). Tutto ciò, mentre il Governo e il nuovo Governatore della Calabria si ostinano a ritenere prioritaria la costruzione del ponte sullo Stretto: un'opera inutile, dannosa per l'ambiente e dispendiosa, che non resisterebbe ad un terremoto e uno tsunami simili a quelli del 1908 e, anche qualora dovesse reggere, sarebbe senz'altro l'unica struttura in piedi tra due immensi cimiteri di macerie sommerse dal mare”.
“Delle amministrazioni pubbliche responsabili e consapevoli trarrebbero, invece, dai fondati allarmi di queste settimane le dovute considerazioni, destinando il grande flusso di denaro stanziato per il ponte ad grande progetto di bonifica e di messa in sicurezza delle abitazioni e delle aree costiere” conclude Minniti “l'incolumità dei cittadini vale più degli appetiti economici di imprenditori senza scrupoli e clan criminali”.
Certo va detto che gli allarmismi, in una stagione che sembra conoscere solo disastri (come i terremoti in Abruzzo, Haiti, Cile, Tibet, o l'esplosione del vulcano in Islanda), sono davvero fuori luogo, ma un monitoraggio del Golfo di Policastro (l'insenatura sul Mar Tirreno che si estende da Punta degli Infreschi nel Cilento, fino a Capo Scalea nell'Alto Tirreno cosentino) sta diventando sempre più una priorità. Non tutti sanno che l'area del sud Italia è circondata da una serie di vulcani potenzialmente pericolosi, oltre al Marsili: anche il Palinuro, che dopo le recenti scosse del primo vulcano potrebbe essere monitorato a sua volta. Infatti, la pericolosità di questi vulcani è legata al fatto che possono essere definiti una vera e propria cintura di fuoco immersa negli abissi: il Vesuvio, il Marsili, il Valinov, il Palinuro, i vulcani delle Eolie. C'è il rischio che il risveglio di uno solo di questi vulcani possa 'svegliare' anche i vicini, come una catena.
Ma non mancano le critiche alla teoria di una probabile eruzione e le smentite; se le teorie di Enzo Boschi, da un lato, hanno generato una serie di polemiche a livello nazionale sulla linea d'azione da intraprendere e come comportarsi in caso lo scenario si compia davvero, dall'altro hanno creato perplessità nell'ambiente della comunità scientifica e non tutti sono d'accordo con quanto affermato dal Presidente. Sandro De Vita, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, e Michael Marani, specializzato in rischi geologici sottomarini, hanno espresso i loro dubbi circa la veridicità delle affermazioni di Boschi, e sul rischio reale che costituisce il Marsili.
Secondo il professor De Vita “dal punto di vista della possibile attività vulcanica, pensare ad un'esplosione che possa causare problemi è fantascientifico, in quanto non è un vulcano che storicamente abbia mai dimostrato attività. Il pericolo più significativo è legato alla probabilità del cedimento dei fianchi del vulcano. Quello è un fenomeno che viene tenuto sotto osservazione. Chi lo tiene sotto controllo” dichiara De Vita “è l’Università di Bologna. Noi ci occupiamo solo dei vulcani ritenuti attivi, cioè tutti quelli che hanno manifestato attività nei tempi storici. L’allarmismo è totalmente ingiustificato, ma è un'abitudine dei media”.
Michael Marani si è dichiarato d'accordo con le affermazioni del collega: “notizie di questo tipo non sono da tener conto perché non supportate da nessun dato. La settimana scorsa abbiamo fatto una riunione a Roma alla Protezione Civile, perché sostenere queste cose su un vulcano relativamente abbastanza giovane – almeno dal punto di vista geologico – non è possibile. Noi stiamo cercando di monitorarlo con gli strumenti di cui dispone l’Italia. Al giorno d’oggi la tecnologia è avanzata molto rapidamente; qui in Italia siamo un po indietro, però la ricerca va avanti con le navi che abbiamo e gli strumenti che misurano la morfologia del fondo. Non abbiamo avuto contatti con Boschi” conclude Marani “ma quello che sappiamo è che non è il caso di creare inutili allarmismi. Dal punto di vista naturale ci sono cose più importanti da temere, come il Vesuvio e lo Stromboli che mostrano costantemente la loro pericolosità”.
Del Marsili e dei rischi che costituisce, quindi, si sa tutto a livello teorico; non esiste un modo per monitorarlo con efficacia, non c'è modo di prevedere se e quando ci sarà una frana o un'eruzione – e, nel caso, quali sono le reali conseguenze – e la (poca) informazione a riguardo si può trovare solo su Internet. In televisione e sulle maggiori testate giornalistiche il Marsili non fa notizia: come se non esistesse, o fosse un problema da poco. Una fantasia messa in atto da qualche sedicente professore (Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, evidentemente, non è un titolo abbastanza attendibile) per aumentare lo stato di ansia in un paese già sensibile sull'argomento. Purtroppo non è nascondendo la testa nella sabbia che si può evitare il pericolo: che l'Italia sia un paese a rischio di eruzioni e terremoti è un dato di fatto, e la Storia ci ha fornito, nel corso del tempo, le prove necessarie. Perché non parlarne e prenderne atto? Istituire, fra le altre possibilità, una rete di informazione, un efficiente organo di controllo per le abitazioni abusive o per evitare le speculazioni edilizie, porterebbe vantaggi a molti – oltre ad evitare migliaia, per non dire centinaia, di morti innocenti. Il silenzio e l'abusivismo, come dimostrano ad esempio le scandalose intercettazioni degli imprenditori a cui è stata affidata la ricostruzione dell'Abruzzo, portano molti vantaggi a pochi. Ignorare i pericoli che corre questo paese non aiuterà a risolverli. Prendere atto dell'assenza di scrupoli da parte di una cricca di sciacalli, invece, potrebbe rivelarsi utile.
Va anche detto che, se i pericoli del Marsili dovessero rivelarsi effettivi, provati e confermati, anche la costruzione del Ponte sullo Stretto subirebbe una decisa, brusca frenata. Bisogna chiedersi: in un Paese che rischia ogni giorno un disastro, un ponte che rischia di crollare alla prima scossa è davvero indispensabile?
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