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sabato 14 aprile 2012


La benzina è il prodotto più pregiato ottenuto dalla raffinazione del petrolio ed è costituita da una miscela di idrocarburi liquidi a temperatura ambiente e a pressione ordinaria la massima parte dei quali bolle tra 50 e 190 °C e contiene un numero di atomi di carbonio variabile tra 5 e 10.
Le proprietà di una benzina che incidono sulla qualità sono la purezza, la volatilità e il potere antidetonante.
La purezza di una benzina è legata all’assenza di determinate sostanze dei composti solforati, come i tioalcoli corrosivi delle sostanze gommose oltre che maleodoranti.
La volatilità è un indice della facilità a passare dallo stato liquido a quello di vapore. In particolare nei motori a benzina, la volatilità riveste un importante ruolo in quanto permette al carburante di miscelarsi rapidamente con l’aria formando una miscela omogenea necessaria per un corretto funzionamento del motore.
La volatilità di una benzina deve comunque essere contenuta entro certi limiti perché un eccesso ne renderebbe pericolosa la manipolazione, la distribuzione e il trasporto, mentre una volatilità troppo bassa ostacolerebbe il passaggio in miscela con l’aria durante la fase di aspirazione del motore.
Con il termine potere antidetonante si indica la proprietà di una benzina a resistere alla compressione in presenza di aria senza autoaccendersi.
Al fine di comprendere l’importanza di questa caratteristica delle benzine è necessario conoscere,sia pure schematicamente,il funzionamento del motore a scoppio detto anche motore a combustione interna che è una macchina termica che trasforma l’energia termica in lavoro. Il motore è essenzialmente costituito da un cilindro nel cui interno scorre uno stantuffo (pistone) a cui sono collegati biella e albero motore.
Ogni cilindro è munito nella parte superiore di una valvola di aspirazione e di una di scarico.
luci di scarico
Nella fase di aspirazione, a valvola di aspirazione aperta, il pistone scende, dal punto morto superiore (PMS),al punto morto inferiore (PMI) creando una depressione a causa della quale viene aspirata la miscela di benzina vaporizzata e aria. ( isobara 0 →1 )
Nella seconda fase, di compressione,a valvole chiuse il pistone risale nel punto morto superiore costringendo la miscela in uno spazio molto ridotto detto camera di scoppio.
La compressione della miscela, a causa della rapidità del movimento avviene praticamente senza scambio di calore con l’esterno.
(compressione adiabatica 1 → 2)
Nella fase di scoppio, ancora a valvole chiuse, scocca la scintilla che accende la miscela: lo scoppio che ne deriva spinge il pistone in basso e si produce lavoro utile quando il pistone viene spinto nel punto morto inferiore. Considerata la rapidità del movimento anche in  questa fase si può ritenere che non avvengano scambi di calore con l’esterno. ( espansione adiabatica 3 → 4)
Nella fase di scarico, con la valvola di scarico aperta, il pistone risale es espelle così i prodotti della combustione ( isocora 4 → 1)
Il rendimento del motore è in funzione del rapporto della pressione cui è sottoposta la miscela al momento dello scoppio essendo questa tanto più elevata quanto maggiore è il rapporto di compressione cioè il rapporto tra il volume del cilindro quando il pistone è al punto morto inferiore e il volume della camera di scoppio in cui è compressa la miscela quando il pistone è giunto al punto morto superiore.
La benzina, se non è in grado di sopportare una compressione molto elevata, si accende spontaneamente, prima che il pistone abbia compiuto tutta la sua corsa, provocando il ritorno anticipato verso il basso del pistone. Si verifica così il fenomeno del “battito in testa” con diminuzione del rendimento del motore. Per resistere agli elevati rapporti di compressione del motore la benzina deve avere un forte potere antidetonante; quest’ultimo è in stretta relazione con la composizione della benzina in quanto le varie famiglie di idrocarburi hanno diverso potere antidetonante.
Gli alcani ramificati,infatti, hanno un elevato potere antidetonante mentre gli alcani lineari hanno un basso potere antidetonante.
La misura del potere antidetonante si basa sul confronto della benzina in esame con varie miscele di due idrocarburi:
a)      un alcano a catena ramificata, il 2,2,4 trimetilpentano che resiste bene alla compressione e che, essendo isomero dell’ottano viene comunemente detto isottano cui si attribuisce potere antidetonante pari a 100
b)      un alcano a catena lineare,che detona con facilità, il normal eptano cui si attribuisce numero di ottano pari a zero.
Il potere antidetonante delle varie miscele di questi due idrocarburi sarà tanto più elevato quanto maggiore è la percentuale di isottano presente e pertanto il potere antidetonante di una benzina viene espresso dal numero di ottani (N.O.) : esso rappresenta la percentuale in volume di isottano contenuta nella miscela di isottano e n-eptano che detona allo stesso rapporto di compressione della benzina in esame
In base a questa scala, ad esempio,una benzina avrà N.O. = 98 se risulterà detonare allo stesso rapporto di compressione di una miscela costituita da 98% di isottano e 2% di
n-eptano. Il numero di ottano delle benzine di topping è piuttosto basso e, conseguentemente, si rende necessario il ricorso a varie operazioni quali il reforming catalitico, l’aggiunta di idrocarburi con alto numero di ottani ottenuti mediante alchilazione e l’aggiunta di antidetonanti per aumentarlo.
Gli antidetonanti devono essere solubili nella benzina,non essere corrosivi e non generare depositi nel motore.
Fino a pochi decenni fa l’antidetonante usato era il piombo tetraetile Pb(CH2CH3)4 e il piombo tetrametile Pb(CH3)4. Tuttavia a causa dei gravi problemi di inquinamento da piombo, in molti paesi dell’Unione Europea, sono state dapprima emanate norme che ne limitavano l’uso fino a eliminarne del tutto l’uso nella benzina. Parallelamente sono stati introdotti altri antidetonanti quali l’MBTE
 etere
 ( metil t-butil etere) recentemente bandito negli U.S.A. per l’effetto cancerogeno, l’ETBE ( etil t-butil etere), il toluene,l’etanolo ed altri.
Tuttavia tale nuova generazione di antidetonanti necessita di marmitta catalitica che è in grado di portare a livelli bassissimi la quantità di sostanze inquinanti che si generano a seguito della combustione quali il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto e gli idrocarburi.
Le marmitte catalitiche sono di tre tipi:
1)       ossidanti: limitano le emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi trasformandoli in biossido di carbonio e vapore acqueo
2)     riducenti : scindono gli ossidi di azoto in azoto e ossigeno
3)     trivalenti : svolgono sia azione ossidante che riducente
Una marmitta catalitica è costituita da un involucro di acciaio all’interno del quale è collocato un supporto poroso su cui viene depositato uno strato di wash coat costituito da un tipo di ceramica estremamente poroso in grado di far aumentare la superficie esposta ai gas su cui vengono messi dei metalli aventi funzione catalitica quali palladio, rodio e platino.
Tuttavia, affinché la marmitta catalitica esplichi il suo effetto deve superare i 250 °C e quindi subito dopo una partenza a freddo vi è un certo periodo ( qualche minuto) durante il quale la marmitta non funziona a regime.
Inoltre il surriscaldamento e l’avvelenamento del catalizzatore diminuiscono con il tempo la capacità della marmitta di adempiere al suo scopo ed inoltre rimane il problema dello smaltimento di tali marmitte a fine vita.
E’ auspicabile quindi che ricerche miranti a eliminare tali problemi possano essere incentivate.

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