Gli azionisti delle grandi banche mettono in discussione la spesa più elevata e intoccabile: lo stipendio dei manager. L’ondata di protesta è partita da Citigroup, citata in giudizio dall’azionista Stanley Moskal, che chiede al consiglio di amministrazione un risarcimento all’istituto per i danni provocati dai compensi spropositati.
L’intervento per via legale segue di pochi giorni la votazione dei soci contro la somma stabilita dalla banca per la retribuzione dell’amministratore delegato Vikram Pandit e di altri dirigenti. La bocciatura, espressa martedì scorso in occasione dell’incontro annuale con gli azionisti, rappresenta un passaggio chiave nella lotta agli stipendi d’oro di Wall Street, nonostante la votazione fosse soltanto consultiva. E’ la prima volta, infatti, che gli azionisti fanno fronte comune contro i compensi dei manager di una grande banca.
La causa, depositata al tribunale federale di Manhattan, denuncia gli oltre 54 milioni di dollari pagati ai manager di Citigroup nel 2011, di cui 15 milioni riservati a Pandit. Ad aggravare la situazione, è scritto nell’esposto, è la performance deludente dell’istituto, che non giustifica i maxi compensi: nel primo trimestre del 2012 ha deluso gli analisti ottenendo 2,9 miliardi di utili, in calo del 2 per cento dallo stesso periodo dell’anno scorso. “La causa è insensata e ci difenderemo ricordando come si è comportato il tribunale in casi simili”, ha avvertito Shannon Bell, portavoce della banca, che ha mostrato tuttavia attenzione verso le posizioni dagli azionisti. “Il consiglio di amministrazione considera molto seriamente il voto degli investitori sui compensi dei manager”, ha spiegato, “e incontrerà alcuni di loro per capire meglio quali sono le perplessità”. Su posizioni analoghe Richard Parsons, ex presidente della banca newyorkese, che ha definito il rifiuto degli azionisti come “un problema serio che il board deve affrontare il prima possibile”.
Lo stipendio del numero uno di Citigroup, la terza banca americana maggiore per asset, non è tuttavia il più scandaloso. Il primato del 2011, secondo la società di ricerca Equilar, è dell’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, che ha incassato 378 milioni di dollari. Pandit, 55 anni, si è piazzato soltanto al 45esimo posto, con 15 milioni composti da 1,7 milioni di stipendio base, 5,3 milioni di bonus in contanti, 4 milioni di azioni differite e altri 4 milioni di contanti differiti.
I documenti depositati dalla banca mostrano inoltre un “executive long-term performance retention award”, ovvero un altro tipo di premio che non viene assegnato ogni anno, da 40 milioni di dollari. Nel 2009 e 2010, quando Citigroup stava uscendo dal piano di salvataggio governativo, Pandit ha ricevuto un compenso simbolico di un dollaro. Il rapido aumento degli stipendi nel 2011, nonostante i timori di una nuova recessione occupino ancora i pensieri degli americani, riguarda la maggior parte degli istituti di credito. Primo tra tutti Goldman Sachs, che ha assegnato all’amministratore delegato Lloyd Blankfein 16,2 milioni di dollari, il 14,5 per cento in più rispetto all’anno precedente.
La corsa al rialzo degli stipendi potrebbe però essere ostacolata dalla legge Dodd-Frank, approvata nel 2010, che prevede per gli azionisti il diritto di esprimersi sul compenso dei dirigenti, chiamato “say on pay” e valido per la maggior parte delle società quotate. L’anno scorso 41 aziende hanno dovuto prendere atto di un voto negativo, mentre quest’anno è già successo a quattro. La disapprovazione degli azionisti, secondo gli esperti, è destinata a crescere: un malcontento che le banche, e non solo loro, farebbero forse meglio ad ascoltare.
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