Era la fine degli anni 90 quando il pretore di Maglie, Carlo Madaro, primo in tutta Italia, emise un’ordinanza che imponeva alla Asl salentina di somministrare gratuitamente la cure Di Bella a un giovane paziente di Casarano. A quella seguirono numerose altre pronunce analoghe, a Bari e in tutta Italia. Poi i riflettori si spensero sul «metodo» ideato dal fisiologo siciliano: quel cocktail di medicinali fu sostanzialmente bocciato come «inefficace» dalla comunità scientifica. Adesso, circa 15 anni dopo, quella terapia anticancro alternativa ritorna di attualità. Nei giorni scorsi, il giudice del Tribunale del Lavoro di Bari, Maria Procoli, accogliendo il ricorso urgente di un paziente ammalato di tumore, ha ordinato all’Azienda sanitaria locale di Bari di somministrargli la terapia Di Bella, con costi interamente a carico del servizio sanitario nazionale. La decisione ha effetto immediato. In ogni caso, il direttore generale della Asl, Domenico Colasanto, ha già firmato il mandato ai legali dell’Azienda per fare annullare la decisione del giudice. Che, come spiega l’avvocato Marisa Cataldo, legale di alcuni pazienti, «comunque impone alla Asl di fornire i farmaci, che costano decisamente meno di quelli chemioterapici, e non il medico che li deve somministrare».
Il professor Luigi Di Bella morì ultranovantenne nel 2003. Ma solo qualche anno prima egli stesso fu convocato dal giudice Madaro in aula a Maglie, in una delle udienze più affollate della storia giudiziaria recente. Nella cittadina salentina, in quel periodo, approdavano da mezza Italia meridionale pullman pieni di pazienti e loro familiari, speranzosi che il verdetto del pretore salentino aprisse loro spiragli di speranza.
La recente ordinanza del giudice barese è destinata a fare discutere, anche se gli addetti ai lavori mostrano tutto il loro scetticismo, oggi come 15 anni fa. Dice Gennaro Palmiotti, oncologo medico dell’ospedale «Di Venere» di Bari: «La comunità scientifica non è pregiudizialmente contraria alla cura Di Bella ma nutre perplessità nei confronti del metodo terapeutico perché non c’è una prova scientifica sufficiente della sua efficacia. Non c’è mai stata - precisa -, tranne in casi rarissimi ricollegabili al fatto che nella cura in questione è compreso un chemioterapico, l’Endoxan, che quindi in quanto tale può rivelarsi efficace».
Il presidente dell’Ordine dei medici di Bari, Filippo Anelli: «L’anno scorso abbiamo sospeso dalla professione un collega che prescriveva la terapia Di Bella. Provvedimenti analoghi sono stati adottati in tutta Italia». Come mai? «Noi medici siamo autorizzati a prescrivere farmaci avallati dall’Istituto superiore di sanità - puntualizza - o la cui efficacia sia comprovata da studi scientifici non ancora considerati dal Ministero. In questo secondo caso, però, la spesa non può essere a carico del Ssn e occorre il consenso informato del paziente».
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