L'elemento architettonico di un'esposizione, e internazionale sopratutto, per Tessere stesso della manifestazione, non può non presentare caratteri così eterogenei da non essere in generale qualche cosa di antiartistico. La babelicità delle idee, teorie, sistemi, è in genere nella sua massima espressione in queste riunioni e rassegne più o meno complete dell'attività umana.
Al contrario però, se da un'opportuna distanza ne esaminiamo l'insieme, facendone una sorte di esame panoramico, ne risulterà sempre un carattere generale che si forma dalla fusione di tutti gli aspetti e che ci dà un quadro giusto del momento artistico, un bilancio riassuntivo dell'epoca.
A Parigi questo tono generale, imposto dal programma stesso, è un carattere di un vero rinnovamento nelle forme; esprime il risultato dei vari movimenti manifestatisi nei diversi paesi negli ultimi venti anni. Dopo le divagazioni e le costruzioni di stili «floreali», di stili «liberty», finalmente si ha un'affermazione veramente trionfale del nuovo indirizzo dell'architettura del nostro tempo: via piena di sincerità, di schiettezza, che risponde alle esigenze artistiche dell'uomo di questo secolo, e che prepara le forme agli edifìci dell'avvenire, di un avvenire prossimo in cui gli ultimi assertori dell'architettura del «copiamento» dovranno, rassegnati, disarmare.
Questa esposizione che avvenuta nel 1924, come si era progettato, non sarebbe stata che di poco valore per la poca maturità delle nuove idee, per l'incertezza degli artisti nel cammino scelto, rappresenta oggi, invece, un successo, quasi completo, sia perché le teorie artistiche più rispondenti al nostro tempo hanno avuto agio di svilupparsi, di formarsi pienamente, sia perché la grande guerra e le sue conseguenze hanno aperto un nuovo periodo nella vita dei popoli. E' ormai un tema ben sfruttato dire che l'estetica dell'automobile, dell'aeroplano, delle macchine che invadono la nostra vita, abbiano e debbano avere un'influenza nell'estetica delle produzioni artistiche che nascono e vivono al loro fianco; eppure questo tema ha per fondamento una profonda verità : la legge dell'armonia. Questo concetto può giustamente essere la base della nostra architettura: si voglia o no la nostra vita crea e creerà l'ambiente stesso, e all'architettura compete la più grande responsabilità ed il primo posto.
Oggi più che mai sentiamo come sia necessario all'architetto completare la sua cultura nei più svariati rami dell'arte e della scienza, come in lui debbano fondersi le due personalità, quella dell'artista
e quella del tecnico: la sua professione è una delle più ardue fra le umane e purtroppo invece, chiunque sa mettere insieme quattro particolari, copiati dagli stili passati, si fregia del nome di architetto. Crediamo che sia una delle attività umane esercitate con maggiore incoscienza.
A Parigi si conferma l'abolizione dei dettagli architettonici decorativi, e sopratutto degli abbastanza rifritti capitelli, festoni, fiorami, e tutto ciò che di classico, neoclassico, o rinascimento, e simili, ha imperato e invaso lungamente il nostro mondo. La vittoria spetta all'elemento plastico, al gioco delle superfici e dei volumi, delle luci ed ombre. La semplicità della linea e la superfìcie nuda hanno la prevalenza, benché il fatto che si tratti di un'Esposizione e di padiglioni di botteghe e di negozianti, porti naturalmente, potremo dire necessariamente, a decorazioni ed aspetti chiassosi.
Il nostro esame si rivolgerà principalmente agli edifici rappresentativi delle Nazioni : osserviamo che nella sobrietà in cui sono restati in genere gli architetti, non manca qualche ritorno alle forme primitive e più ingenue dell'architettura.
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