Sembrava che la bagarre politica si concentrasse solo sull’articolo 18 e la riforma del mercato del lavoro; e invece ieri è esplosa sulle liberalizzazioni. Il provvedimento è all’esame del Senato e lì le lobby (soprattutto taxisti, farmacisti, avvocati) stanno mettendo sotto torchio i gruppi parlamentari. Ma sono molti gli emendamenti che vorrebbero annacquare l’apertura del mercato, facendo scattare la reazione del Terzo Polo. Casini teme si faccia il «passo del gambero», per poi aggiungere di fidarsi di Monti: «Sono rassicurato dalle sue rassicurazioni». Infatti il premier è intervenuto per promettere che non si tornerà indietro. Un intervento che era stato sollecitato da Rutelli, che aveva varcato il portone di Palazzo Chigi e che poi a nome del Terzo Polo aveva tuonato contro i tentativi di frenare le liberalizzazioni.
Le modifiche al decreto comportano «un rischio palude», aveva detto il leader dell’Api prima dell’uscita del premier. «Se il testo non venisse migliorato siamo pronti a convocare i nostri parlamentari per decidere come comportarsi al momento del voto». Anzi i senatori dell’Udc, Fli e Api vogliono emendamenti «rafforzativi, che vadano nell’interesse generale e non soccombano a logiche particolari. Vogliamo chiarire che la maggioranza è fatta non solo da chi vuole indebolire ma anche da 100 parlamentari che sono determinati a migliorare l’impronta riformatrice del governo». Baldassarri ha chiesto di tornare al testo originario, mettendo in difficoltà Pd e Pdl che hanno trattato in solitario.
Ma il presidente del Consiglio per il momento ha calmato le acque, almeno a sentire le parole successive di Casini e Rutelli, che ha colto dal governo «la consapevolezza della necessità di non accettare arretramenti». Si vedrà già oggi come andrà a finire, quando riprenderanno i lavori delle commissioni al Senato. Ma i timori del Terzo Polo hanno infastidito il Pd che smentito la retromarcia sulle liberalizzazioni. Silenzio invece da parte del Pdl.
Bersani non ci sta a passare per inciucista con il Pdl e invita a guardare meglio dentro le modifiche («non è equilibrato dire che ci sia stata una marcia indietro»). Ad esempio per il segretario dei Democratici, sulle assicurazioni e sulle banche ci sono stati passi avanti. Anche il capogruppo Finocchiaro sostiene che non c’è alcuna una resa alle lobby: «Sicuramente si potrebbero fare meglio tante cose, ed è vero che le pressioni di contrasto sono fortissime, ma il Pd rivendica di aver contribuito a migliorare il provvedimento.
«Occhio - dice Enrico Letta - che sulle liberalizzazioni il testo finale è migliore e più avanzato dell’immagine di retromarcia che sta passando in giro: libertà sull’assicurazione sulla vita legata ai mutui, abbattimento costi transazioni per carburante e conti correnti».
Attacca a testa bassa invece Di Pietro che accusa il governo di avere dato il via libera alle modifiche, partorendo un topolino. «Sulle liberalizzazioni sono state fatte solo chiacchiere. Nel retrobottega del Parlamento le lobby impediscono le vere liberalizzazioni», afferma il leader dell’Idv.
La commissione Industria del Senato, che sta esaminando il decreto, ha sconvocato le sedute (riprenderanno oggi). Le riunioni continuano tra i due relatori, Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd), con il governo. E’ in questa sede che vengono concordate le modifiche ai vari articoli del provvedimento. Ieri sono stati affrontati due grandi nodi, farmacie e professioni. Si vorrebbe trovare un accordo e andare subito in commissione e votare i nuovi testi. E ciò fa infuriare i senatori dei gruppi che sostengono il governo. «Siamo diventata una democrazia extraparlamentare - dice Domenico Benedetti Valentini del Pdl - viene deciso tutto in riunioni informali». «Tanto conviene Enzo Ghigo, capogruppo Pdl in commissione sanno che il decreto lo voteremo». Ma ad essere più nervosi sono stati quelli del Terzo Polo che si sono sentiti esclusi dal tavolo della trattativa. Per questo hanno alzato il tiro, minacciando di non votare il decreto se ci dovessero essere «arretramenti» sulla concorrenza.
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