La Commissione Ambiente della Camera ha avviato un'indagine conoscitiva sulle plastiche biodegradabili allo scopo di verificare le caratteristiche di manufatti e imballaggi in plastica e la loro reale rispondenza ai requisiti di “biodegradabilità” previsti dalla normativa comunitaria.
L'iniziativa, promossa dall'On. Agostino Ghiglia (Pdl), potrebbe contribuire a modificare il D.l. Ambiente emanato dal Governo, per “evitare quelle norme anti-ambientali e monopoliste” contenute al suo interno, che non terrebbero in giusta considerazione il progresso scientifico degli ultimi anni.
A tal proposito, AssoEcoPlast (associazione che promuove l'utilizzo di materiali polimerici ed additivi verdi eco-compatibili) ha espresso soddisfazione per l'iniziativa della Commissione. “Un’occasione per fare chiarezza su questo argomento - commenta il Presidente di AssoEcoPlast, Claudio Maestrini - visto che l'indagine conoscitiva sulle plastiche biodegradabili permetterà di delineare un quadro preciso riguardo ai requisiti di biodegradabilità e compostabilità”.
L'associazione sostiene che le norme del D.L. siano “anti-ambientali e monopoliste”. In particolare si sollecita all'impiego di particolari additivi verdi la cui efficacia è stata scientificamente dimostrata, che renderebbero la plastica totalmente biodegradabile e riciclabile, una soluzione che dovrebbe essere complementare alla bioplastica di derivazione amidacea. “Sarà così possibile – ha affermato Ghiglia – chiarire che la bioplastica va destinata esclusivamente al compostaggio e non rappresenta la migliore soluzione al problema dell’accumulo dei rifiuti plastici nell’ambiente che giustamente preoccupa tutte le associazioni ambientaliste”.
La mancata considerazione degli additivi verdi, la cui efficacia è dimostrata da importanti enti scientifici internazionali (in Italia il BioLab dell’Università di Pisa, guidato dal prof. Emo Chiellini) oltre a escludere una possibilità ambientale importante, favorirebbe “pochissimi operatori a discapito di centinaia di aziende del mercato della plastica per imballaggi, che non avrebbero più la possibilità di competere a pari condizioni, mettendo a rischio 8/10.000 posti di lavoro su tutto il territorio nazionale e, in pratica, un'intera filiera industriale. A ciò si aggiunge una perdita di fatturato di quasi un miliardo di euro, che in gran parte finirebbe all’estero, con serie conseguenze negative anche sulle entrate fiscali”.
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