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giovedì 1 marzo 2012

Disoccupazione record tra i giovani. E se adottassimo il modello tedesco?



Mai così in alto dal 2004. È un vero e proprio record quello toccato in Italia dal tasso di disoccupazione che a gennaio, secondo i dati dell’Istat, si è attestata al 9,2% (con una crescita di un decimo di punto rispetto al mese precedente). Si tratta di una cifra ancora al di sotto della media europea ma che, purtroppo, contiene una nota ancora più sofferta: tra i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni, la quota dei senza lavoro ha addirittura oltrepassato nel mese scorso la soglia del 31%.

Per la giornata di oggi, il governo aveva messo in programma un tavolo di confronto con le parti sociali, sulla prossima riforma del mercato del lavoro. Il vertice è però saltato poiché il ministro del welfare, Elsa Fornero, ha deciso di prendersi un po’ di tempo per trovare le risorse (purtroppo molto scarse) necessarie a cambiare il sistema degli ammortizzatori sociali, che l’esecutivo guidato da Mario Monti vorrebbe estendere a molte categorie di lavoratori non protetti.

La vera emergenza da affrontare, per il ministro Fornero, sarà però probabilmente la lotta alla disoccupazione giovanile che, nel nostro paese, è ben al di sopra della media europea (pari a circa il 22%, secondo le statistiche aggiornate a dicembre).

Tra le grandi nazioni del Vecchio Continente, soltanto la Spagna ha un dato peggiore del nostro (48,7%), mentre la Francia si trova leggermente sopra la media continentale (23,7%). Il modello più virtuoso da seguire in Europa, nella lotta alla disoccupazione degli under 24, è senza dubbio quello della Germania, dove la quota dei giovani in cerca di un impiego è pari ad appena il 7,8%: circa un quarto della percentuale che si registra nel nostro paese.

I punti di forza del modello tedesco sono stati più volte messi in evidenza da diversi osservatori come Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e allievo di Marco Biagi. In Germania, infatti, i giovani entrano in contatto con il mondo delle professioni molto presto, grazie a un utilizzo particolarmente virtuoso dei contratti di apprendistato, che prevedono una stretta collaborazione tra le scuole e le aziende.

È il cosiddetto sistema duale, che offre a milioni di giovani, soprattutto a quelli che frequentano gli istituti tecnici, un percorso di formazione nelle imprese (alternato alla frequenza scolastica), che inizia spesso quando gli studenti hanno appena 15 o 16 anni. Secondo i dati del governo di Berlino, oltre un terzo dei cittadini tedeschi muove i primi passi nel mondo del lavoro prima della maggiore età, mentre il 35% delle aziende presenti in Germania offre ai giovani dei programmi formativi, in stretta collaborazione con le autorità pubbliche.

Sono cifre che sembrano “fantascienza” se paragonate alla realtà del nostro paese, dove si riscontra da tempo una grave contraddizione: mentre quasi un terzo degli under 24 è ancora “a spasso”, un’ indagine pubblicata da Confartigianato ha messo in evidenza che circa il 17% delle piccole aziende di tutta la Penisola dichiara di non riuscire a trovare manodopera qualificata da assumere.

I giovani italiani, insomma, spesso non riescono ad avere un impiego perché non posssiedono i requisiti giusti, visto che non hanno mai avuto alcun contatto con il mondo del lavoro. Il rafforzamento dell’apprendistato, sulla falsariga del modello tedesco, sarà dunque uno dei tasti su cui dovrà battere il ministro Fornero, per frenare l’emorragia di posti di lavoro tra i giovani (muovendosi sulla strada già intrapresa dal suo predecessore, Maurizio Sacconi).

A ben guardare, non si tratterebbe di una grande novità. Già la legge Biagi del 2002, infatti, aveva messo in cantiere questo tipo di provvedimenti, con la creazione di un contratto di apprendistato di primo livello basato su percorso di formazione professionale, gestito dalle aziende in collaborazione con le Regioni e destinato agli studenti minorenni che frequentano ancora gli istituti tecnici e professionali.

Purtroppo, a distanza di quasi 10 anni, l’apprendistato di primo livello non è ancora realmente decollato e soltanto alcuni eniti locali, come la Provincia Autonoma di Bolzano o la Regione Lombardia hanno avviato delle esperienze di questo tipo, attraverso delle apposite convenzioni con il Ministero dell’Istruzione.

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