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giovedì 26 luglio 2012
Il lavoro autonomo perde terreno
ll lavoro autonomo svolto nelle varie forme contrattuali (a progetto, contratti di associazione in partecipazione e partite Iva) conserva un legittimo ambito di applicazione sostanzialmente nel terziario e in via residuale, e solo per le alte qualifiche, nel settore dell'industria e del commercio. Al contrario, scompare totalmente nelle attività artigianali, agricoltura e nel settore edile.
Sembra questa una prima valutazione degli impatti della riforma Fornero nell'ambito dei settori economici se si analizzano le novità riferite alla flessibilità in entrata.
Le norme che maggiormente incidono su questo fronte sono contenute nel riscritto articolo 61 della legge Biagi (decreto legislativo 276/2003) alla luce delle modifiche apportate dalla riforma Fornero per i titolari di partita Iva e per gli associati in partecipazione (articolo 1, comma 30, legge 92/2012).
Nel primo caso, il progetto delle collaborazioni coordinate e continuative «non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale».
Si tratta, dunque, di numerose attività individuabili settore per settore. Certamente le aziende industriali (ad esempio, edili o manifatturiere) non potranno più sottoscrivere questa tipologia di contratti con, ad esempio, il capo cantiere, oppure con operai di fabbrica che abbiano raggiunto limiti di età pensionabile.
Ad analoghe considerazioni si giunge se si analizzano i "compiti" nell'ambito del settore artigiano o in agricoltura, in cui il contratto a progetto è un modello contrattuale sostanzialmente estinto.
Una distinzione va effettuata nel settore commercio: per le attività esecutive (addetti alla vendita, gestioni di magazzino, segreteria) il contratto a progetto non è più utilizzabile anche in presenza di un'autonomia nello svolgimento della prestazione. Al contrario, si ritiene ancora applicabile il contratto in tutte le realtà di gestione strategica dell'azienda e sempre che sussista un valido progetto (procacciamento d'affari, ideazione di campagne pubblicitarie o altre azioni di marketing). In verità, sono caratteristiche che possono essere rinvenute anche in talune aziende industriali.
Il lavoro a progetto non è più utilizzabile nei call center (sia outbound, sia inbound) e in altri servizi analoghi compresi, come detto, anche attività segretariali per le quali già in precedenza sussistevano forti dubbi per la scarsa autonomia.
Anche il contratto di associazione in partecipazione subisce un forte ridimensionamento, non tanto per il limite numerico riferito alla medesima attività, ma soprattutto con riferimento a quanto indicato nell'articolo 69bis lettera a) della legge Biagi. Questa norma stabilisce che si applica una presunzione di lavoro subordinato qualora l'apporto non sia connotato da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività. Il confine di questa definizione è meno netto, ma comunque è ragionevole ritenere che il settore industria, artigianato o agricoltura non potranno più avvalersi di questo contratto salvo rarissimi casi di difficile individuazione. Nel commercio il modello potrebbe essere utilizzato sempre che si tratti di professionalità elevate e non più per gestire, ad esempio, addetti alla vendita.
Anche l'attività autonoma da titolari di partita Iva non potrà più essere svolta in ambito industriale, artigianale o agricolo, a meno che non si tratti di veri lavoratori autonomi.
Dalla riforma Fornero esce, invece, indenne il contratto di lavoro autonomo occasionale anche se per la natura del rapporto anch'esso è destinato a essere utilizzato in modo molto marginale.
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