A partire dalla prima metà del XX secolo numerose osservazioni di anomalie elettromagnetiche furono registrate in tutte le regioni del mondo, soprattutto dove i terremoti si manifestavano con grande intensità e frequenza. Una importante raccolta e classificazione delle luci sismiche, non a caso, fu compilata in Giappone da T. Terada nel 1931 e nello stesso paese furono successivamente scattate le prime fotografie dello strano fenomeno (http://www.itacomm.net/EQL/eql02_i.htm).
In maniera spesso fortuita e sempre in occasione dei forti terremoti ed eruzioni vulcaniche verificatesi fra il 1940 e il 1970, furono registrati molti segnali anomali dai moderni strumenti costruiti per indagini in altri campi di ricerca (vedi C. Fidani, "Ipotesi sulle anomalie elettromagnetiche associate ai terremoti"). Attraverso le misurazioni del campo magnetico terrestre furono evidenziate anomalie che consistevano in improvvise variazioni registrate da qualche ora a qualche giorno prima dei catastrofici eventi. Attraverso i radio telescopi per la radio astronomia si notarono figure le cui dimensioni angolari risultavano molto maggiori rispetto ad ogni oggetto nel cielo; furono quindi ricondotte a sorgenti terrestri. Attraverso misure di resistività dei terreni fu rilevata la presenza di campi elettrici tellurici. Anche gli studi della conducibilità della ionosfera mostrarono una variazione della sua altezza sulle zone epicentrali. Tali misure suscitarono un grande interesse nella ricerca di questi fenomeni e sostennero varie campagne sistematiche di raccolta dei dati sin dai primi anni '70.
Per avere un'idea di ciò che è stato fatto fino ad oggi si dovrebbe passare in rassegna un numero tanto grande di lavori che la loro lettura susciterebbe un grande interesse per il mistero che circonda questi fenomeni, ma anche una netta sensazione di sconforto al principiante che cercasse di comprenderli. Nondimeno, gli scienziati che lavorano in questo campo si trovano nell'avvincente ma scomoda situazione di dover imparare dalla natura qualcosa di completamente nuovo. E' con questa consapevolezza che nelle righe seguenti è stata riassunta una semplice classificazione dei possibili generi di osservazione e successivamente predisposto un breve elenco di ipotesi per spiegare il fenomeno, tenendo sempre presente che la maggior parte delle osservazioni non può essere concepita in gruppi nettamente distinti.
Il primo genere riguarda le luci sismiche apparse come luminosità diffuse o concetrate in fogli, colonne, sfere, fulmini e fiammelle apparse sulla terra ferma e nelle grotte, sulla superficie del mare e sotto di essa, e anche nell'atmosfera. La maggior parte di queste luci aveva una breve durata e una grande varietà di forme e colori; di più lunga durata apparivano le luminosità diffuse sull'orizzonte e sulle cime dei rilievi. Esse costituiscono la manifestazione più appariscente e da più lungo tempo conosciuta.
Le variazioni del campo magnetico hanno probabilmente costituito il secondo genere di fenomeni osservati, in ordine cronologico, grazie all'utilizzo della bussola come strumento di orientamento. Oggi queste osservazioni hanno individuato una serie di oscillazioni riconducibili, in parte, a fenomeni noti come l'interazione del vento solare con la magnetosfera, le maree dell'atmosfera, del mare e della crosta solida, e la dinamica del nucleo terrestre. In parte tali segnali rimangono inspiegati. Gli strumenti più moderni possono raggiungere sensibilità, per variazioni a bassissima frequenza, dell'ordine del pT (1pT = 10^(-12)Tesla che è meno di un decimilionesimo dell'intensità del campo magnetico terrestre).
Le prime interferenze sulle onde radio nella banda delle VLF sono state osservate probabilmente pochi anni dopo l'invenzione della radio in Italia ad opera dei Padri Raffaello Stiattesi e Guido Alfani; mentre quelle nella banda delle onde medie e corte sono probabilmente state percepite durante e dopo la seconda guerra mondiale (ib. C. Fidani). Studi italiani hanno ora sottolineato come nella fase preparatoria di un terremoto possa venire modulata l'intensità di un segnale VLF che attraversi la zona sovrastante l'epicentro; mentre studi russi e giapponesi hanno marcato l'importanza delle variazioni di fase degli stessi segnali (ib. C. Fidani). Osservazioni recenti hanno individuato anomalie analoghe, associabili a fenomeni sismici, nelle bande HF, VHF e UHF. Parallelamente, anche le ELF e ULF sono state monitorate. Essendo i campi disaccoppiati a queste frequenze più basse, la registrazione ha necessitato di sistemi tecnologici complessi, solo oggi disponibili, capaci di misurare direttamente le lente variazioni degli eccessi di carica indotti su un elettrodo o le lentissime variazioni delle differenze di potenziale ai capi di una bobina. Tali ricerche hanno anche confermato la presenza di una intensa attività elettrica associata al passaggio delle nuvole e l'esistenza delle risonanze che Schumann aveva postulato nel 1952 come onde elettromagnetiche intrappolate nella cavità terra-ionosfera.
Uno studio sostenuto soprattutto in Grecia dai primi anni '80 consiste nella misura ed analisi dei campi elettrici tellurici, registrati come differenze di potenziale fra coppie di elettrodi immersi nel terreno. Le differenze di potenziale misurate potevano raggiungere, in base alla magnitudo del terremoto, anche qualche milliVolt di ampiezza per elettrodi distanti fra loro 50 metri, e avevano durate comprese fra il minuto e l'ora e mezza indipendentemente dall'intensità dell'evento. Da questo studio è scaturito il metodo di previsione VAN, sigla che prende il nome dalle iniziali dei ricercatori che lo hanno ideato, Panayiotis Varotsos, Kessar Alexopoulos e Konstantine Nomikos.
Grazie ai satelliti meterologici è stato recentemente possibile rilevare un aumento della radiazione infrarossa emessa dalla superficie delle zone epicentrali con alcuni giorni di anticipo rispetto a forti scosse di terremoto. La presenza di tali emissioni è sembrata corrispondere ad un aumento della temperatura sulla superficie terrestre dell'ordine di 3-4 gradi centigradi e ha coinvolto una regione molto estesa intorno all'epicentro del terremoto. Osservazioni recenti sono state fatte in occasione dei terremoti di Izmit in Turchia del 17 agosto 1999 e della zona di Bhuj in India del 26 gennaio 2001.
Le misure condotte a terra tramite apparecchiature radar chiamate ionosonde, capaci di emettere impulsi di particolare frequenza per la misura dell'altezza della ionosfera, e le misure di densità elettronica effettuate da satellite, hanno rilevato variazioni di concentrazione di ioni nella regione ionosferica sovrastante l'epicentro del terremoto. Tali variazioni possono essere interpretate come aumenti o diminuzioni dell'altezza della ionosfera, confermando la possibile interferenza sulla propagazione dei segnali VLF. I rivelatori di particelle a bordo dei satelliti, durante il passaggio sulle zone epicentrali hanno registrato fasci di particelle diretti verso la superficie terrestre nei giorni del terremoto. In occasione di molti eventi sismici sono state rilevate anche emissioni di particelle cariche in prossimità della superficie, in particolare quelle prodotte dal decadimento del gas radon.
Studi sulle altre anomalie elettromagnetiche naturali sono stati intrapresi quasi contemporaneamente a quelli legati ai terremoti, con lo scopo di discriminare i segnali che possano avere un qualsiasi legame con l'attività sismica da quelli che invece non hanno alcuna relazione con i terremoti. Anche la catalogazione delle emissioni di tipo antropico è risultata indispensabile, mostrando di risolvere l'enigma degli strani segnali registrati in occasione di alcuni eventi sismici.
Per completare la rassegna degli studi effettuati nel campo delle emissioni relative ai terremoti dovremmo, infine, citare le ricerche fatte nel campo della deformazione e fratturazione delle rocce, intraprese sin dai primi anni '60, e quelle degli esperimenti di produzione di una separazione di carica. E' Alessandro Volta che nel 1782 ha iniziato a studiare i processi di separazione di carica nell'evaporazione dell'acqua. Recentemente confermata, questa idea rimane come una delle possibili spiegazioni dei fenomeni elettrici associati non soltanto alle eruzioni vulcaniche. Misure di resistività sono state condotte su rocce sottoposte a deformazione confermando l'ipotesi di una sua variazione. Le emissioni di onde elettromagnetiche su tutto lo spettro sono state analizzate durante la frattura di rocce contenenti quarzo. Anche l'effetto della deformazione sulla magnetizzazione residua delle rocce è stato misurato. Osservazioni di fluorescenza, emissione infrarossa e di particelle cariche sono state registrate in altre prove di compressione di particolari campioni di roccia.
Già dalla nascita delle teorie sul fluido elettrico, verso la metà del XVIII secolo, furono avanzate delle ipotesi sulla natura di molti fenomeni osservati insieme ai terremoti. Le cause del terremoto stesso vennero ricercate nella possibilità di emissione di immense scariche elettriche nel sottosuolo, in analogia con i fenomeni atmosferici. Queste idee furono presto abbandonate perché non erano capaci di rendere conto dei fenomeni inerziali legati al terremoto.
T.Terada nel 1931 suggeri che il potenziale elettrico generato dal movimento dell'acqua nei pori delle rocce poteva costituire la sorgente delle emissioni luminose osservate. Era noto, infatti, che sulla superficie di contatto fra roccia e acqua veniva a crearsi una separazione di carica, negativa nella roccia e positiva nell'acqua; mentre il movimento del fluido garantiva l'allontanamento dei due tipi di carica e l'instaurazione di una differenza di potenziale nella direzione del movimento. Una tale interpretazione delle luminescenze generate da un campo elettrico di origine "elettrocinetica" era sostenuta dalle frequenti osservazioni della fuoriuscita d'acqua dal terreno e dalle variazioni di portata delle sorgenti durante i forti terremoti.
Altri tentativi di interpretazione degli strani fenomeni luminosi, elettrici e magnetici vennero inaugurati nei primi decenni del XX secolo in seguito al successo della teoria dell'elettromagnetismo appena completata da Maxwell. Come avvenne in seguito al consolidamento delle leggi di Newton sulla gravitazione e l'inerzia, che resero possibile una interpretazione delle oscillazioni del suolo nei primi anni del XIX secolo sostenendo la nascita della sismologia, anche in questo caso furono le nuove conquiste teoriche a suscitare un rinnovato interesse verso le ricerche di tali fenomeni. Inoltre, le conseguenze devastanti dei terremoti del XVIII secolo e della prima metà del XX costituirono una forte spinta emotiva a questi studi.
A causa della difficoltà a sostenere il confinamento di fluidi sottoposti ad altissime pressioni nel sottosuolo, vennero cercati altri meccanismi capaci di generare una separazione di carica e mantenerla tale per un tempo sufficientemente lungo a produrre gli effetti osservati (il libro "Ipotesi sulle anomalie elettromagnetiche associate ai terremoti" è dedicato a questo genere di ricerche svolte fino ad oggi). A tale scopo furono invocati: la rottura di legami ionici nelle rocce durante il processo di microfratturazione che precede la frattura, le reazioni chimiche capaci di liberare elettroni e molecole ionizzate con un comportamento identico a quello delle lacune nei semiconduttori, il potenziale di contatto fra materiali diversi e la piezoelettricità nelle rocce contenenti quarzo. Il piezomagnetismo di alcuni tipi di roccia fu anche preso in considerazione per le anomalie magnetiche.
Nonostante gli sforzi fatti, le difficoltà nell'interpretazione di tali fenomeni non sono diminuite, per questo sono stati di recente proposti altri meccanismi. Si possono citare le correnti che le variazioni del campo magnetico terrestre, prodotte dai fenomeni atmosferici e solari, inducono nella crosta. Il movimento delle dislocazioni costituite dai difetti reticolari nel solido roccioso sottoposto a stress. La frantumazione delle goccioline d'acqua dovuta alla presenza di un campo elettrico. Il riorientamento dei dipoli elettrici e magnetici prodotto dalle variazioni di pressione e temperatura della roccia. Alla luce delle scoperte moderne della meccanica quantistica sono state considerate anche le oscillazioni di plasma come possibili sorgenti di emissione elettromagnetica e le distribuzioni di concentrazione di ioni sulle superfici dei materiali conduttori ed isolanti per stimare un eventuale accumulo della carica nelle più disparate condizioni geofisiche.
Sebbene gli sforzi e le proposte per migliorare l'interpretazione del fenomeno si siano moltiplicati, rimangono alcuni ostacoli da superare. In primo luogo, la necessità di utilizzare meccanismi differenti per spiegare le diverse manifestazioni elettromagnetiche osservate in occasione dello stesso evento e nella stessa località solleva dei dubbi sulla loro validità. In secondo luogo, l'assorbimento della crosta dedotto dalle proprietà dei campioni di terreno studiati appare troppo elevato per misurare i segnali in superficie se la sorgente si trova nella zona ipocentrale. Quest'ultima è anche legata alla mancanza di conoscenza delle proprietà dielettriche e di conducibilità della crosta già a qualche chilometro di profondità, e alla difficoltà di riprodurre in laboratorio le condizioni di pressione e temperatura identiche a quelle del sottosuolo.
La presenza delle incongruenze sopra esposte rappresenta una sfida a cui gli scienziati di questa disciplina non possono sottrarsi. Se infatti si vuol sostenere di padroneggiare le conoscenze sull'elettromagnetismo e sulle proprietà chimico-fisiche dei solidi, allora perché tali fenomeni rimangono imprevedibili e paradossali? L'intero processo che chiamiamo terremoto è ancora imprevedibile e misterioso. Lo studio dei fenomeni elettromagnetici osservati contemporaneamente a quelli sismici potrebbe contribuire alla comprensione dei terremoti? I fenomeni elettromagnetici e sismici costituiscono forse le manifestazioni di un unico processo? La domanda a cui non può sottrarsi la scienza è se l'approccio adottato fino ad oggi sia il più adatto a descrivere questi fenomeni.
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